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Il verbo confliggere è un termine di derivazione latina composto da “con” usato per intendere unione, collegamento, partecipazione, e il termine composto “fligerbo ĕre” che significa«percuotere», dunque si tratta di un’azione relativa ad un movimento da parte di parti che insieme muovono sé stesse. Infatti, le situazioni conflittuali possono diventare un’opportunità di cambiamento e un’occasione di crescita personale e di benessere per i partecipanti, se sfruttato adeguatamente. Però, vediamo, che il potenziale del conflitto, in molte circostanze sfuma, esso molto più spesso diventa espressione di violenza. Come rileva uno studio dello Yale Child Study Center quando vi sono conflitti tra genitori e figli questi ultimi non si sentono amati. Questo accade quando il conflitto diventa una situazione per colpevolizzare ed accusare. Il pedagogista Daniele Novara sostiene: “Chi non sa affrontare i conflitti relazionali è destinato alla violenza, o verso sé stesso o verso gli altri”. Noi sappiamo che andare alla ricerca del colpevole e/o della causa del conflitto nella migliore delle ipotesi lascia immutata la situazione, quando non le peggiora, invece utilizzare il conflitto come un momento di crescita consente di sviluppare e rafforzare le proprie competenze nei momenti critici. Esso, se ben gestito, può arricchire e migliorare la relazione genitori e figli, perché durante il conflitto stando vicini e insieme, essi possono scoprirsi, possono imparare l’uno dall’altro, possono conoscere l’uno il punto di vista dell’altro.
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Le cause dei conflitti tra genitori e figli
Le cause dei conflitti tra genitori e figli possono variare in funzione della fascia di età dei figli. Ad esempio, durante l’infanzia le cause dei conflitti riguardano quelli che vengono definiti “capricci”, come le abitudini alimentari, lo svolgimento dei compiti, l’abbigliamento, la gestione del tempo libero, ultimamente sempre più di frequente la difficoltà a staccarli dai giochi che svolgono quando usano i dispositivi tecnologici.
Durante l’infanzia il genitore sottovaluta anche su alcuni atteggiamenti messi in atto dal proprio figlio sui quali dovrebbe intervenire in maniera dolce ma decisa. Il più delle volte, considerando questi atteggiamenti capricci, “bravate” innocenti, il genitore sorvola, ci scherza, ci ride su col partner. Ignorando di rafforzare un modo di fare che nel tempo si consolida, evitando di intervenire tempestivamente in maniera opportuna, ingenuamente, il genitore si rende complice: costruisce quello che subisce quando il bambino diverrà adolescente, ossia un individuo con un carico di responsabilità diverso da quello di un bambino.
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Nella preadolescenza e nell’adolescenza, con i cambiamenti fisico-umorali in atto, i conflitti divengono più coloriti e per questo possono spaventare. In questa fase il figlio non è più il bambino di prima, né dal punto di vista fisico, tantomeno dal punto di vista intellettivo. Oltre allo sviluppo fisico, bisogna considerare lo sviluppo delle conoscenze, del linguaggio e della capacità di astrazione. Tuttavia, il figlio non è ancora adulto, poiché ha compiuto poche esperienze.
In questa fase le situazioni conflittuali tra genitori e figli, possono degenerare e deflagrare in accese discussioni, possono innescare escalation dagli scenari più nefasti quando: il genitore avverte che la sua autorità è messa in discussione dal figlio che decide di far di testa sua, ad esempio nella scelta della scuola e nel modo in cui si approccia ad essa; quando il genitore non ascolta le indicazioni del genitore; quando più o meno esplicitamente il figlio trasgredisce le regole e non rispetta gli orari stabiliti dai genitori; quando il figlio svolge attività e frequenta compagnie o individui ritenuti pericolosi dai genitori; quando il figlio compie scelte che sicuramente risulteranno sbagliate, come ad esempio cattive abitudini alimentari, abuso di dispositivi (giochi, social, chat, gioco d’azzardo, shopping, ecc.), abuso di sostanze (nicotina, alcool, droghe) ecc..
I diversi tipi di conflitti più comuni
Nel rapporto tra genitori e figli il conflitto può essere:
- conflitto per incomprensioni o per l’incapacità di comunicare adeguatamente delle parti;
- conflitto per decisioni genitoriali, quando questi pongono o impongono limiti e limitazioni in una determinata situazione che sono contrastanti con i desideri e le decisioni dei figli;
- conflitto per problematiche irrisolte, tenute silenti, ma che prima o poi emergono e sfociano in discussioni, o peggio, in comportamenti violenti.
Gli effetti del conflitto tra genitori e figli
È noto che gli opposti sono facce della stessa medaglia. I conflitti tra genitori e figli, che spesso emergono da idee, posizioni, punti di vista in contrasto tra loro, molto spesso impediscono l’emancipazione del giovane, più o meno influenzano la vita adulta del giovane individuo, questo probabilmente perché è facile che si resti legati a certi pattern, che divengono modelli che poi vengono replicati.
Ansia, incapacità di gestire difficoltà, incapacità di ascolto, reazioni impulsive di ira e comportamenti violenti, senso di colpa, vergogna, senso di impotenza e di fallimento, disistima, ecc. sono atteggiamenti che nel presente allontanano i figli dai genitori e rendono difficile il riavvicinamento futura. Essi, inoltre, in una certa misura e più o meno direttamente, sono comunicati, vengono appresi dai figli. In più, se reiterati e/o se restano irrisolti, poi tali diverrebbero modi di fare messi in atto nel corso della vita. Così facendo, però, il giovane non farebbe altro che ricalcare le orme del vecchio. La storia si ripete!
I modelli di famiglia: relazioni familiari e problemi dei figli
Identificare il modello familiare costituisce un passo fondamentale per aiutare i genitori a comprendere le ragioni sottostanti ai conflitti con i propri figli. Riconoscere ed interrompere di mettere in atto ciò che non funziona è il primo passo per iniziare a gestire e comprendere meglio le dinamiche del proprio nucleo familiare e i conflitti che possono insorgere con i figli.
Noi distinguiamo vari pattern familiari (Nardone et al, 2001; Papantuono, Portelli, 2017); ognuno di essi ha specifiche caratteristiche che influenzano i pensieri e i comportamenti dei genitori e dei figli.
Per una panoramica dei modelli familiari più diffusi ci rifacciamo al lavoro del Centro di Terapia Strategica Breve di Arezzo. Nel testo sono illustrati i diversi modelli o pattern di famiglia dai quali possono insorgere i più frequenti conflitti tra genitori e figli. Dalla ricerca-intervento basata su casi clinici questi colleghi hanno definito i seguenti modelli di famiglia:
Modello Iperprotettivo: Caratterizzato da genitori che cercano di semplificare la vita dei figli fino a sostituirsi a loro. I figli diventano dipendenti e reagiscono con aggressività alla frustrazione.
In questi casi è importante introdurre piccoli cambiamenti nelle interazioni con i figli per promuovere una maggiore autonomia.
Modello Democratico-Permissivo: Si basa sull’assenza di gerarchie familiari, con tutti i membri considerati alla pari. Le regole sono negoziate e non ci sono punizioni.
In questi casi è necessario stabilire chiaramente i ruoli genitoriali e fissare delle regole per evitare comportamenti trasgressivi da parte dei figli.
Modello Sacrificante: I genitori si sacrificano per soddisfare i desideri dei figli, che spesso crescono senza rispettarli. In adolescenza, ci sono tre possibili scenari, tra cui il rischio di depressione.
In questi casi è importante diminuire le aspettative verso i figli e responsabilizzarli per la propria realizzazione.
Modello Intermittente: Caratterizzato da un’ambivalenza costante dei genitori, con cambiamenti imprevedibili di atteggiamento. I figli crescono instabili e incapaci di assumere responsabilità.
In questi casi la soluzione consiste nel stabilire una direzione educativa chiara e mantenerla.
Modello Delegante: I genitori delegano la responsabilità educativa alla famiglia allargata, creando competizione tra le generazioni.
In questi casi occorre ristabilire i ruoli e le responsabilità all’interno della famiglia per evitare comportamenti manipolatori da parte dei figli.
Modello Autoritario: Caratterizzato da un esercizio del potere genitoriale basato sulla disciplina e sul controllo e da un’atmosfera tesa in famiglia. in questi casi è fondamentale aiutare i giovani a emanciparsi dai genitori per perseguire i propri obiettivi.
Non esiste un modello familiare intrinsecamente disfunzionale, ma diventano problematici quando diventano rigidi e incapaci di adattarsi alle circostanze. È importante riconoscere i propri modelli familiari e le relative problematiche per poter migliorare la qualità della vita familiare, eventualmente con l’aiuto di un professionista.
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Gestire e risolvere i conflitti genitori figli nella famiglia
Da una prospettiva strategica-sistemica, i problemi psicologici sono considerati interazionali e non patologici. I problemi dei bambini sono visti in relazione alla loro più ampia prospettiva ecologica piuttosto che in isolamento all’interno del singolo individuo (Amatea, 2006; Papantuono, Portelli, Gibson 2021). Infatti, parliamo di difficoltà impegnative o addirittura di situazioni impegnative, piuttosto che del bambino impegnativo. Così, adottando una prospettiva di causalità circolare, in cui A influenza B ma B influenza A, spesso si preferisce lavorare in modo indiretto sulle situazioni impegnative dei bambini, coinvolgendo figure significative come genitori, insegnanti e altri caregiver, come co-terapeuti, ai quali vengono forniti strumenti operativi per aiutare il sistema a liberarsi dai circoli viziosi creati. Come ha detto il grande Oscar Wilde, “Spesso è con le migliori intenzioni che produciamo le peggiori conseguenze”. Un esempio semplice: se una madre si lamenta con suo figlio per il disordine della sua camera in modo aggressivo, (anche se ha ragione!) allora la risposta del bambino sarà influenzata da ciò che lei ha detto e dal modo in cui lo ha detto, ma anche la risposta del bambino a lei informerà come lei risponderà successivamente a lui nella comunicazione. Pertanto, in questo caso, più la madre si lamenta, peggio diventa l’interazione. Secondo Paul Watzlawick, uno dei maggio esponenti del Mental Research Institue di Palo Alto, quei tentativi che non risolvono il problema spesso mantengono o addirittura possono peggiorare il problema. Spesso le figure significative non hanno la conoscenza operativa o gli strumenti appropriati per gestire le difficoltà impegnative nei bambini. Quando le difficoltà sono gestite male, possono trasformarsi in problemi e, alla fine, in patologie. Pertanto, il nostro approccio è quello di coinvolgere figure significative come co-terapeuti, affinché siano guidate a raccogliere conoscenze operative sulla situazione impegnativa per essere in grado di identificare e applicare l’intervento più appropriato. Le figure significative sono aiutate a identificare questi riduttori di complessità.