Dubbio patologico e pensieri intrusivi

Il dubbio, di per sé, non è necessariamente negativo, in quanto è una risposta inevitabile quando ci confrontiamo con una realtà complessa. Grazie al dubbio, riconosciamo i nostri limiti e la nostra fallibilità. Un dubbio “sano” ci consente di esplorare diverse sfaccettature di una domanda, considerando vari aspetti del quesito, del contesto e della nostra soggettività. In questo caso, qualunque sia la decisione presa, siamo in grado di agire, passando all’azione dopo aver effettuato una scelta.

Il dubbio “patologico”, a differenza di una semplice incertezza, è un tipo di disturbo ossessivo. Questo disagio si manifesta attraverso pensieri che prendono forma in domande, alle quali la persona cerca di dare una risposta seguendo la logica del “pensiero lineare” o causa-effetto. Tuttavia, rispondendo a una domanda, ne emerge inevitabilmente un’altra, la cui risposta rimane incerta, dando origine a un vero e proprio dilemma di domande e risposte che la persona non riesce a risolvere. Questo processo crea un circolo vizioso, in cui ogni risposta porta a nuovi dubbi, che risultano invalidanti, generando sofferenza e confusione. La persona si trova così intrappolata in un dilemma senza via d’uscita, che le impedisce di agire.

uomo che si appoggia alla finestra

Foto di bruce mars su Unsplash

I sintomi del dubbio patologico

I sintomi di questa condizione si manifestano quando la persona si blocca e rimugina o chi si blocca e non decide.

Chi teme di aver fatto qualcosa di “brutto” che prima o poi verrà fuori (aver fatto male a qualcuno, aver investito qualcuno, aver fatto qualcosa di riprovevole, ecc.) tende a controllare per verificare. Si pone come Joseph K. protagonista del romanzo di Kafka (Zampa, 2020) intitolato “Il processo”, il quale è tormentato dal senso di colpa per qualcosa che ignora e di cui s’autoaccusa. Per queste ragioni chi ha questa forma di dubbio tende a rassicurarsi compiendo azioni fisiche e/o mentali, talvolta in maniera compulsiva.

Chi è bloccato e non procede per il timore di sbagliare decide di non decidere. È come se fosse in un incrocio senza riuscire a scegliere la strada da intraprendere. La paura che la scelta non produca i risultati sperati fa anticipare tutte le possibili conseguenze, in questo modo la paura aumenta e restare fermi sembra la soluzione migliore.

In entrambi i casi viene messo in atto il tentativo paradossale di rispondere alle numerose domande che sorgono, la persona cerca rassicurazioni e soluzioni razionali, ma alla fine si ritrova al punto di partenza e/o non arriva a prendere alcuna decisione, finendo per restare nella “non scelta”. Questo processo le causa una sofferenza crescente, spingendola a richiedere continuamente rassicurazioni da amici e familiari, il che, tuttavia, aumenta la sua insicurezza e la difficoltà nel prendere decisioni. Tra i sintomi principali, oltre alla forte ansia e al bisogno incessante di rassicurazione, emerge spesso una continua rimuginazione senza soluzione, in cui la componente razionale-ossessiva diventa il nucleo del disagio (Bateson, 1977). L’oppressione dal senso di colpa e/o l’incapacità di scegliere a causa dei continui dubbi porta la persona a sentirsi inadeguata, insicura, temendo di sbagliare e provando un’ansia paralizzante. Con il tempo, la fiducia in sé stessa svanisce, e la persona si percepisce incapace di prendere decisioni. Le emozioni provate sono legate alla paura di non essere all’altezza, specialmente nelle situazioni che richiedono una scelta. Inoltre, c’è il tentativo di controllare le proprie sensazioni, con il timore di perdere il controllo o di impazzire. Questo si riflette sul tono dell’umore, ci si sente abbattuti, stanchi e si manifestano sintomi simili a quelli della depressione. La persona si sente intrappolata in un labirinto di domande e risposte, riflettendo più volte sulla stessa situazione senza riuscire a trovare una soluzione.

scimmia grigia sotto il cielo soleggiato

Foto di Paolo Nicolello su Unsplash

Dai pensieri intrusivi al dubbio patologico

I più frequenti pensieri indesiderati, involontari e disturbanti che spesso sfociano nel dubbio patologico possono essere di natura violenta, sessuale, paure più o meno razionali, ideazioni suicidarie.

Essi riguardano:

  La distorsione della ragione
In situazioni come queste, l’individuo va oltre i limiti del pensabile e cerca la verità non solo attraverso il pensiero razionale, ma anche mediante sperimentazioni pratiche.
Un esempio di ciò sono molti giovani uomini che, per timore di sviluppare tendenze omosessuali, cercano di analizzare le proprie reazioni a diversi stimoli erotici. Tuttavia, nel tentativo di controllare ciò che dovrebbero provare in modo naturale, finiscono per distorcere la loro percezione.

  L’iper-razionalizzazione
Questa seconda categoria riguarda coloro che, dubitando su cosa sia giusto o sbagliato fare, si bloccano e non sono più capaci di agire.
Un esempio tipico potrebbe essere quello di un operatore di borsa di successo che non riesce più a svolgere adeguatamente il proprio lavoro, incapace di prendere decisioni a causa dell’eccessivo scrutinio di pro e contro di ogni possibile scelta.

  L’inquisitore interiore
Questa forma di dubbio patologico è una delle più dolorose, poiché si nutre di sensi di colpa, reali o immaginari, che l’individuo si impone.
Un caso tipico potrebbe essere quello di una persona che, a causa di un profondo senso di colpa, teme di aver commesso o di poter commettere atti criminosi sotto l’effetto di un raptus di follia.

  Il sabotatore interiore
In questa situazione, l’individuo vive costantemente nel timore di commettere errori, e anche quando raggiunge il successo, prova insoddisfazione, convinto che avrebbe potuto fare di meglio.
Un esempio potrebbe essere uno studente modello che, dopo aver completato gli studi superiori, entra in crisi al momento di scegliere quale facoltà universitaria frequentare.

  Il persecutore interiore
Questo disturbo colpisce generalmente coloro che ricoprono ruoli di responsabilità e che non si sentono capaci di gestire le situazioni che si presentano loro.
Il dubbio spesso si manifesta con domande come: “Sarò in grado di affrontare questa sfida? Riuscirò a portare a termine il mio compito senza fallire?”

  La delega patologica
In questi casi, l’individuo, per la propria insicurezza, tende a delegare le decisioni importanti ad altri, considerati più competenti.
Seppur temporaneamente rassicurato dalla protezione che ciò gli offre, si sentirà sempre più incapace di prendere decisioni autonomamente.

Quindi, i pensieri intrusivi che generano dubbi spesso sono relativi ai seguenti temi:

  1. identità sessuale e/o all’orientamento sessuale;
  2. timore di ferire qualcuno (persona e animale), più o meno accidentalmente;
  3. malattie;
  4. piccole azioni quotidiane (aver chiuso il gas, aver chiuso infissi, aver chiuso l’auto, ecc.);
  5. timore di potersi contaminare;
  6. di essere sessualmente perversi, maniaci, aggressivi, violenti;
  7. di non essere più innamorato del proprio partner;
  8. di poter essere vittima di un raptus e farsi male (suicidio) o far male (omicidio);
  9. alla propria esistenza: esserci, essere effettivamente il figlio di…, ecc.

carta bianca su superficie bianca

Foto di Nick Fewings su Unsplash

Affrontare i pensieri intrusivi che sfociano nel dubbio patologico

Quando i dubbi diventano irragionevoli e le risposte impossibili da decidere, il trattamento terapeutico mira a interrompere il circolo vizioso che li alimenta.

In questo contesto, il terapeuta innanzitutto deve evitare di cadere nella tentazione di offrire risposte e spiegazioni che possano sembrare rassicuranti, poiché facendo così rischierebbe di contribuire al perpetuarsi del problema del paziente.

Il paziente, invece, deve essere guidato verso la consapevolezza che la soluzione alla sua sofferenza non risiede nel cercare risposte, ma nel mettere in discussione la validità delle sue domande. La chiave sta nell’annullare il problema alla radice e non nella ricerca di risposte che lo risolvano.

La durata della terapia è generalmente breve, spesso non più di qualche mese, e i tassi di successo sono molto elevati, superiori all’80%.

Oltre alle parafrasi ristrutturanti da utilizzare durante le sedute, al pensiero circolare che presenta il paziente si oppone una frase che agirà in maniera lineare (Nardone, De Santis, 2011). A tal proposito facciamo uso di un concetto kantiano secondo il quale “non esistono risposte intelligenti a domande scorrette”. Si chiede a chi è vittima di dubbio patologico di tenere presente che non possiamo fermare direttamente le domande, ma è possibile evitare di dare risposte. Pertanto, si chiede di iniziare a riflettere sul fatto che ogni volta che si fornisce una risposta intelligente a una domanda priva di senso, non si fa altro che alimentare ulteriori i propri dubbi, fino a costruire un labirinto mentale in cui ci si perde. Quindi si indica o di bloccare le risposte per fermare le domande, o annotare tutto ciò che passa per la mente, portandolo fino al suo estremo.

Questa tecnica mira a far sì che il paziente, per evitare di trascrivere tutti i suoi dubbi e le risposte ad essi, decida di bloccare le risposte stesse. In sostanza, si tratta di generare un timore maggiore che possa annullare uno minore, ovvero usare una paura più intensa per contrastare una paura più contenuta.

 

Bibliografia

Nardone, G. De Santis, Cogito Ergo soffro, Ponte alle Grazie, 2011

Bateson, G., (1977) Verso un’ecologia della mente, Milano, Adelphi

Nardone G., (1998) Psicosoluzioni risolvere rapidamente complicati problemi umani, Bur Milano

Kafka F., Il processo, a cura di Zampa G., 2020, gli Adelphi

 

 

 

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