FARE LA VITTIMA E VITTIMISMO

La vita può colpire far male. Si può essere vittime di sé stessi, degli altri, del mondo/destino/Dio. La vittima di sé si percepisce: incompresa, bersaglio di sfortune e ingiustizie, piccola, indifesa e bisognosa, meno dotata; la vittima di altri sente di essere bersaglio di comportamenti aggressivi e violenze, abusi, prevaricazioni, atti manipolatori; la vittima del mondo/destino/Dio si vive come il predestinato di sciagure e circostanze negative.

Le espressioni verbali che la vittima tende a ripetere sono: “Anche quando non faccio niente mi ritrovo implicato? Ce l’hanno tutti con me! Perché proprio a me?”.

donna che indossa anello color argento

Foto di Giulia Bertelli su Unsplash

Come si comporta chi fa la vittima?

La vittima si sente fragile e non all’altezza delle situazioni, la sua sensibilità la rende particolarmente sofferente e addolorata. Avendo uno spiccato senso di colpa tende a sacrificarsi e a sentirsi responsabile delle negatività. Vive situazioni che la fanno sentire tradita e non amata. Spesso è incompresa e si sente inadeguata e sfortunata. La vittima, però, pur soffrendo fa fatica ad uscire dalla sua posizione.

L’atteggiamento vittimistico si radica nella persona in maniera subdola, attraverso vantaggi secondari. Chi interloquisce con la vittima spesso prova un senso di colpa, si pone in maniera compassionevole, con indulgenza, affetto, protezione. Allora il vittimismo prende spazio, domina sull’altro e si trasforma in tirannia e in alcuni casi può trasformarsi in una forma di narcisismo.

 

La trappola della vittima: il circolo vizioso del vittimismo

Riconosciamo che la vittima soffre come nessuno ha mai sofferto per i suoi gravi problemi sono, spesso percepiti come più urgenti rispetto a quelli degli altri. Ciò induce la vittima a: cercare attenzione, non assumersi responsabilità, accusare (sé stessa, gli altri, il mondo/destino/Dio delle sue disgrazie), lamentarsi continuamente.

In questo modo, l’atteggiamento vittimistico attiva uno stato di ansia. La persona allora si sente incapace, paurosa, non all’altezza, riduce l’autostima e la fiducia in sé stessi, rende insicuri e incapaci. La vittima, adottando un tale atteggiamento, si ritrova in un circolo vizioso. Si verifica che: sentendosi “meno” cerca di ottenere qualcosa in più; tuttavia, se riesce ad ottenere qualcosa in più continuerà a sentirsi meno perché si accuserà di non essere riuscita con le sue forze (vittima di sé); invece, quando non riesce ad ottenere, sentirà di aver subito ancora una volta (vittima degli altri e/o del mondo/destino/Dio).

Uomo che macchia sul pavimento di cemento nero che proietta ombra

Foto di Luís Eusébio su Unsplash

Perché si fa la vittima?

Con l’atteggiamento vittimistico si comunica un senso di negatività verso la vita, che più o meno consapevolmente, induce a reagire o con l’arresa depressiva o con la l’aggressività. Il vittimismo è una forma di passività che svilisce, che nasconde ostilità e condanna.

Chi fa la vittima può incolpare sé stesso, gli altri e/o il mondo, il destino o Dio di ciò che sente. In ogni caso chi fa la vittima si sente oppresso ed è come se si fosse arreso a ciò da cui subisce. In questo modo la vittima alimenta il suo stato di depressione, spesso basato su di un pensiero paranoico.

 

Quali sono i diversi tipi di vittimismo?

  1. Il vittimismo può essere passivo, quand’è basato sulla paura. Di questo tipo di vittima ne abbiamo due varianti: i passivo-pacifici e i passivo-aggressivi.
  • I primi sono vittime di sé stessi. Si lamentano di ciò che vivono e credono di non avere chance. Non credono in sé stessi, né nelle loro capacità. Si auto-squalificano e arrecano danni solo a sé stessi.
  • I passivo-aggressivi, invece, devono essere tenuti a bada. Sono quelli che attaccano per difendersi: approfittano del loro status di vittime per mettere in cattiva luce e far star male chi li contraria, chi non collude con loro, chi cerca di stanarli.
  1. Il vittimismo può svolgere anche una funzione manipolatoria. Questo atteggiamento è assunto da quelle persone ambiziose ed egocentriche. Si pongono in maniera docile e dimessa per suscitare pietà nei loro interlocutori che fanno sentire in colpa. In questo modo prendono vantaggi. Dunque, raggiungono i propri obiettivi o facendo apparire l’altro cattivo (autoritario aggressivo, ecc.), o sottomettendolo facendolo sentire in colpa.

Persona che tiene il cerotto sulla mano sinistra

Foto di Diana Polekhina su Unsplash

Come comportarsi con la vittima?

È importante riconoscere se una vittima è sincera o manipolatrice, per gestirla al meglio.

Rimproverare la vittima per le sue lamentele, quando questa è sincera, fa peggiorare la situazione, perché fa sentire la vittima incompresa. Una persona fragile che si sente vittima, va fatta esporre gradualmente a ciò che offre la vita. Offenderla le fa male, mentre mettere il focus su ciò che riesce a fare o ha fatto, concordare i piccoli passi che può compiere senza molti sforzi, incoraggia, diventa un modo per permetterle di avanzare e piano piano farla venir fuori dal suo vittimismo.

Con la vittima passiva-aggressiva e con la vittima manipolatrice, invece, possiamo utilizzare il paradosso, siccome le une sentono solo il loro dolore e le loro paure e le altre vedono solo il loro obiettivo.

Le vittime passivo-aggressive non si non si rendono conto di quello che provano gli altri, invece le altre non se ne interessano.

Perciò, in entrambi i casi può essere utile lamentarsi con loro, condividendo la percezione che hanno di sé stessi, degli altri e del mondo/destino/Dio. ad esempio dicendo loro: “questa vita è una valle di lacrime”; “vero, tutti pensano solo a sé e sono cattivi”; “sei proprio sfortunato”, ecc. Di fronte a tali risposte, il passivo-aggressivo perde di senso e contro-reagisce attivandosi, pertanto cercherà di mostrare che forse non tutto e non sempre è così. Mentre, il tentativo per prendere vantaggio da parte della vittima manipolatrice va a vuoto, quando non trova una sponda forte da far apparire aggressiva, autoritaria e/o da far sentire in colpa.

L’interlocutore, facendo riflettere quanto comunicato dalla vittima, consente alla vittima passiva-aggressiva di percepire il suo modo di interagire lamentoso, mentre fa sperimentare alla vittima manipolatrice che è possibile raggiungere i propri obiettivi in maniera leale e accettando i propri limiti. In sintesi, utilizzando il vittimismo contro il vittimismo, oltre a rendere innocue anche le forme più subdole di aggressività, si riesce ad evitare di essere vittime di manipolazioni.

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