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I problemi di relazione al lavoro possono essere svariati: problemi di relazione con il capo o con i colleghi, non sempre collaborativi e proficui. Tali problemi possono ripercuotersi sul proprio benessere psico-fisico e sfociare nelle psicopatologie più diverse, indurre al burnout (Gibson, Portelli, Papantuono, in press), rendere il lavoratore oggetto di mobbing.
Può capitare che si diventi vittima delle problematiche create da altri, oggetto di critiche, di essere iper-controllato, sovraccaricato, iper-responsabilizzato, ecc.
Foto di Dylan Gillis su Unsplash
a) Lavorare con la paura. Cosa accadrà oggi?
Noi stabiliamo il valore da dare alle persone! Chi ci spaventa lo fa perché sa di poterlo fare. Alcuni individui traggono piacere attaccando le persone che hanno paura. Certamente non è facile reagire quando si ha paura, così come non è facile farsi scivolare da dosso i soprusi degli altri, però chi cerca di prevaricare avanza sempre di più quanto più dall’altra parte c’è uno che evita di affrontare la situazione. In un certo qual modo, volente o nolente, si contribuisce a perpetrare queste dinamiche malsane. La persona che ci fa male può essere privata del suo potere se viene affrontata, se sente che le sue azioni sono inutili contro di noi; o meglio, facendo in modo che gli arrivi il messaggio che non temiamo le sue angherie, anzi che addirittura ci rendono più forti. Allora smetterebbe di fare quello che fa e cercherebbe altrove un’altra vittima.
b) Quando il lavoro è … dolore, condanna, costrizione … o, quando manca!
Il lavoro vissuto come una condanna, rende disperati! Si sente disperato chi è senza speranza e per questo è dominato dal senso di impotenza. Una tale sensazione depressiva è provata: da chi subisce sul posto di lavoro, da chi non vede prospettive dal lavoro che compie; oppure, anche quando si ha il senso di aver fallito dal punto di vista lavorativo, quando si perde il lavoro, quando esso diviene tutto quello che si ha, o anche se rappresenta la soluzione meno peggio e/o l’unica via di uscita. Ciò riduce fiducia e stima di sé, demoralizza. La persona che si sente sconfitta diventa la vittima perfetta quando è inserita in un ambiente competitivo come quello lavorativo odierno, dove vige la regola: “io vinco quando tu perdi”. A costoro è opportuno ricordare che fallire è un modo per rinascere, che gli errori svolgono una funzione fondamentale per la crescita, poiché sbaglia chi fa.
c) Che rabbia che mi fa questo… lavoro, collega, capo!
Quando il lavoro o il collega e il capo sono fonte di frustrazione, allora si sopporta perché non si sa cosa fare diversamente, Prima o poi però si finisce per esplodere e provare rabbia. Buttare giù e incassare, privarsi della possibilità di tirar fuori quello che si subisce lasciandosi sottomettere dalle situazioni o dalle persone, reprimere quello che si avverte, sono condizioni che prima o poi fanno sfociare in un’esplosione. Il cercare di contenere controllando la propria rabbia, ad un certo punto fa perdere il controllo e sfocia in disturbi psichici, reazioni psicosomatiche, o collera. Si dimentica che anche la rabbia può svolge una funzione benevola per il nostro organismo. È un’energia utile se ben dosata. Chi impara a conoscere la propria rabbia e se la concede scaricandola, se ne può servire. Facendola defluire, può essere orientata e utilizzata: per difendere il proprio organismo dagli attacchi di aggressori, per impedire sconfinamenti da parte di prevaricatori, per proteggere la propria dignità da denigratori.
d) Quanto mi piace il mio lavoro! Quando staccare dal lavoro risulta essere particolarmente difficoltoso
Lavoro compulsivo e disturbi psichiatrici come ansia (Clark, Michel, Zhdanova, Pui, Baltes, 2014) e depressione (Akutsu, Katsumura, Yamamoto, 2022,) spesso sono correlati. Esistono persone che cercano di curare i loro problemi emotivi e ridurre i loro sentimenti di ansia e depressione” (Andreassen, Griffiths, Sinha, Hetland, Pallesen, 2016) col lavoro, così però strutturano una dipendenza dal lavoro e nella migliore si stressano (Portelli, Papantuono, 2017).
Chi è ossessionato dal lavoro e/o ha la dipendente dal lavoro, non attribuisce i propri disturbi alle numerose ore che trascorre a lavoro, non associa al lavoro i suoi problemi, questo perché non lo percepisce come un problema.
Nonostante molte ricerche dimostrano che lavorare troppo sia fonte di problemi, molti sono ancora coloro che non percepiscono il lavoro come un problema e non credono che possa rendere dipendenti. Pertanto, si tende a lavorare fuori dall’orario lavorativo con i moderni mezzi tecnologici (Portelli, Papantuono, 2017; Lembke, 2021).
Nella nostra cultura la dipendenza intesa in senso negativo è associata solo all’abuso di alcune sostanze, mentre si premiano i comportamenti legati all’uso delle tecnologie, soprattutto se usate ai fini lavorativi, anche quando se ne abusa fino al punto da rendere dipendenti.
Foto di Jason Strull su Unsplash
Lo stress da lavoro: i problemi alla mente e al corpo
Il lavoro fonte di stress ha effetti devastanti! Quando andare a lavoro è frustrante, o se è vissuto con eccessiva fatica o addirittura terrore, allora è come se si andasse in guerra dove le fatiche sono estenuanti e il rischio di morire sempre in agguato. Allora il corpo vive una condizione di stress che avvelena l’organismo. La situazione lavorativa, il capo o il comportamento vessatorio del collega difficile è ciò che attiva in chi subisce l’iper-produzione di noradrenalina: sostanza chimica che in uno stato di normalità preparerebbe a reagire in caso di pericolo reale. Questa sostanza, però, se ugualmente prodotta anche in assenza di reale pericolo e conseguente di una percezione mentale viene attivata a sproposito e perciò nuoce all’organismo. Pertanto, gestire le fonti di stress è dunque necessario per evitare di intossicarci. Imparando a gestire una situazione lavorativa, un collega o anche il capo, si toglie loro il potere di rovinarci l’esistenza e di farci vivere male.